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07/08/2023
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ROMANO CAVAZZA

ROMANO CAVAZZA parte per il fronte russo da Mantova il 30 ottobre 1942;

arriva a destinazionea metà novembre. Il 13 dicembre è capo-colonna di rifornimentidiretti in zona operazioni. Improvvisamente i nostri militari vengono accerchiati da carri armati russi, mimetizzati con girasoli, e inizia il combattimento. L'aiuto autista riesce a fuggire e, aiutato da civili russi, ritorna nelle retrovie italiane. Romano rimane prigioniero: non si sa se è ferito. Il 26 dicembre, sempre all'addiaccio (circa 35-40° sotto zero), incontra un amico bersagliere, che aveva conosciuto sui banchi di scuola, in terza elementare. Il giorno seguente i prigionieri iniziano la marcia, che dura per 10 giorni e altrettante notti sulla neve alta, per arrivare al Campo di Miciurinsk, dove trovano solo freddo e maltrattamenti. Entrano in 7.000; in due

mesi ne muoinono per fame e malattie 6.520; ne rimangono 480 di nazionalità miste. I prigionieri venivano sottoposti ad estenuanti interregoatori e minacce che duravano per ore, volti a far rinnegare il Giuramento fatto alla Patria ed alla Bandiera. Il bersagliere cedette alle pressioni e pregò Roamno di fare altrettanto. Il nostro Autiere rispose: ''Se avrò la fortuna di ritornare in Italia, voglio poterlo fare a testa alta''. Con questo rifiuto Romano firmò di fatto la sua condanna a morte. Il Campo di Miciurinsk fu chiuso; i pochi sopravvissuti finirono a Krinovaja, le famigerate scuderie dello Zar, e qui si perdettero le loro tracce. Per arrivare a Vilva Viesvolod, sui Monti Urali, dove è morto, sepolto in una fosse comune, Romano viaggiò per centinaia di chilometri su quel treno della morte patendo il freddo, la fame e la sete.


   

 

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