Autore: Matteo Sambucci

Fregio e mostrine dell’Arma Trasporti e Materiali

Il primo fregio adottato dagli Automobilisti militari può essere considerato il distintivo da berretto degli appartenenti ai Battaglioni Volontari Ciclisti e Automobilisti (VCA), formatisi nel 1906 e sciolti nel 1915. Tale distintivo riportava un’aquila in primo piano e una corona dentata della bicicletta in secondo piano. In alto era visibile l’acronimo VCA, mentre in basso era riportato lo stemma del Regno d’Italia, essenzialmente formato da una croce sabauda, sovrastante una cornucopia.
In seguito, vennero sanciti i fregi M33 (modello 1933) delle varie Armi e Corpi del Regio Esercito. Il primissimo modello del fregio degli Autieri, che ritroviamo soprattutto nei caschi coloniali, prevedeva: nella parte superiore una Corona Sabauda o Corona Reale dei Savoia ; al centro una ruota in prospetto a ¾ da cui si dipartivano lateralmente due ali piumate e inferiormente 2 coppie di saette; in basso, un corno romano (modello quello del fregio dei Bersaglieri), alla cui base vi era un cordone con 3 nodi Savoia, così chiamati perché apparivano sullo stemma di Casa Savoia.
Il 18 marzo 1936 vennero determinati, in favore del Corpo Automobilistico, il nuovo fregio, per la bustina o il berretto rigido, e le mostrine, per il bavero dell’uniforme di servizio. Il nuovo distintivo, che ritroviamo sulle bustine dei nostri soldati e sul berretto rigido degli Ufficiali durante la seconda guerra mondiale, era più semplice rispetto al precedente. Tale fregio degli Autieri era composto da una coppia di ali con al centro un ingranaggio di profilo, da cui si dipartivano, nella parte inferiore, 2 coppie di saette e, nella parte superiore, una fiamma dritta. Alla base del fregio, vi era un nodo Savoia. Le mostrine erano originariamente in stoffa e prevedevano una fiamma nera a due punte su fondo azzurro. Il motivo e le origini di tale foggia sono incerti, ma si può presumere che alle mostrine nere degli Arditi  Specialità dell’Arma di Fanteria del Regio Esercito, guardata con rispetto da tutti e osannata anche da Filippo Tommaso Marinetti nei suoi scritti  sia stato aggiunto il blu Savoia, per celebrare gli “Arditi del volante”, che si erano guadagnati la loro fetta di gloria durante la Grande Guerra; forse il colore blu era in onore al Duca d’Aosta Emanuele Filiberto, il “Duca Invitto”, a cui si fa risalire l’allocuzione “fervent rotae fervent animi”, che sarebbe divenuta il motto degli Autieri. Ma ci piace anche immaginare che il colore nero possa essere quello dell’asfalto e l’azzurro quello del cielo, ovvero l’orizzonte dell’Autiere quando percorreva centinaia di chilometri alla guida del Fiat 15 Ter o del Fiat 18 BL, ad esempio durante la Battaglia degli Altipiani. Sicuramente questi due colori ispirano a molti questa immagine.
Il 20 gennaio 1948 l’“Ispettorato del Corpo Automobilistico” prese il nome di “Servizio Automobilistico”, e vennero altresì ridefinite le mostrine e il fregio. Le mostrine rimasero pressoché uguali al passato (da stoffa divennero progressivamente di metallo), mentre il fregio, divenuto metallico per il basco e rimasto in stoffa per il berretto rigido, perse sia il nodo di Savoia che le saette, cambiando radicalmente la sua foggia rispetto a quella del Regio Esercito. Il nuovo modello di fregio, inizialmente senza anello circolare esterno, era composto da una coppia di ali con al centro un volante a quattro razze (non una ruota, come erroneamente molti pensano), da cui si dipartiva una fiamma diritta. Il fregio probabilmente riprese la struttura del volante di mezzi che hanno fatto la storia della motorizzazione militare durante la Grande Guerra, quali gli autocarri Fiat 15 Ter e Fiat 18 BL che avevano, appunto, il volante a 4 razze. Negli anni ‘70 al fregio metallico venne aggiunto un anello circolare all’esterno.
L’attuale fregio dell’Arma dei trasporti e materiali è stato istituito nel 2004, in sostituzione del precedente. Lo stesso si compone di un ingranaggio centrale da cui si dipartono una coppia d’ali. All’ingranaggio è sovrapposta una granata con fiamma diritta.
Per quanto riguarda invece le mostrine (o insegne), l’Arma Trasporti e Materiali attualmente veste ancora quelle storiche del Corpo Automobilistico: fiamma nera a due punte su fondo azzurro. La mostreggiatura, alla nascita inalterabile, ha trovato diverse soluzioni grafiche e di colore per adattarsi alle insegne tradizionali delle truppe alpine, dei paracadutisti, della Brigata Granatieri e, dal 2004, della Brigata Sassari.

IL PRESIDENTE SANDRO PERTINI E LA MASERATI QUATTROPORTE

La Maserati Quattroporte. C’è una leggenda metropolitana sull’acquisto della Maserati. Al patron dell’azienda Alejandro De Tomaso, in occasione della presentazione della vettura al Quirinale, il presidente Pertini disse ammirato: “Bella davvero, ma se volessi comprarla quanto costa?”.
L’industriale la prese alla larga: “Di listino intorno ai 30 milioni…Poi bisogna calcolare gli allestimenti, qualche optional…” e un po’ imbarazzato aggiunse: “Presidente, e poi ci dovrà mettere pure l’Iva”. E Pertini, risoluto: “Senta De Tomaso, io ci metto l’Iva e pure la Maria! Ma alla presidenza della Repubblica questa macchina dovrà costare al massimo un paio di milioni!”. Fatto sta che nel 1982 la presidenza fece pervenire un ordine per l’acquisto di una Quattroporte blindata e con tutta una serie di accessori e modifiche. Meno di un anno e fu consegnata. Il prezzo? Non si è mai saputo, ma nel mondo ne vennero venduti 2.145 esemplari (raramente a prezzo scontato). Il fatto che fosse ”l’auto del presidente” era sinonimo di successo, uno status symbol al quale non si sottrasse nemmeno Luciano Pavarotti, fotografato più volte al volante di fronte al Teatro alla Scala.
Conoscendo le abitudini presidenziali, i designer della Casa del Tridente dotarono l’auto di un cofanetto portapipe, un mobile bar, radiotelefono e interfono, tetto aprile e maniglie speciali per consentire a Pertini una presa molto salda quando nell’abitacolo-salotto si alzava in piedi per salutare la folla.
Un giorno Pertini si recò con la Quattroporte in visita agli stabilimenti della Ferrari. Il cerimoniale prevedeva che il Drake si facesse incontro al presidente per omaggiarlo. L’auto si fermò al centro del piazzale. Pertini rimase seduto. Ferrari non si mosse. Ci furono momenti di panico fra i ciambellani, si rischiava un incidente diplomatico se il presidente della Repubblica avesse ordinato all’interfono “Torniamocene a casa!” (e sicuramente avrebbe avuto carattere e prerogative per farlo). Ma fu lui – per così dire – a “cedere lo passo”…



AUTIERI DEGNI DI NOTA: SANDRO PERTINI

La storia militare di Sandro Pertini, che prestò servizio per 16 mesi da Automobilista durante la Grande Guerra. La medaglia negata, in qualità di Sottotenente dei Mitraglieri Fiat. Poi durante la 2^ guerra mondiale, il 25 aprile 1945, nello stesso momento in cui, alla testa dei partigiani, inneggiava alla libertà riconquistata in Milano, il fratello Eugenio veniva fucilato nel campo di Flossenbürg

di Franco Fratini

Sandro Pertini, già Presidente della Repubblica (dal 1978 al 1985, primo socialista e unico esponente del PSI a ricoprire tale carica) era un uomo schietto, semplice, che tutti gli italiani ricordano con affetto e stima, in particolare per il suo sorriso radioso e per la sua pipa. Amava stare in mezzo alla gente, soprattutto ai giovani. Nel discorso di fine anno del suo primo anno da Presidente della Repubblica, nel 1978, disse: «I giovani non hanno bisogno di sermoni, i giovani hanno bisogno di esempi di onestà, di coerenza e di altruismo. È con questo animo quindi, giovani, che mi rivolgo a voi, ascoltatemi vi prego: non armate la vostra mano. Armate il vostro animo…». Nonostante fosse la più alta carica dello Stato, manteneva sempre un “basso profilo” e il suo mandato presidenziale fu caratterizzato da una forte impronta personale, che gli valse una notevole popolarità, tanto da essere ricordato come il “presidente più amato dagli italiani” o il “presidente degli italiani”. Ma in questo articolo vogliamo parlare del nostro indimenticabile e indimenticato Presidente in una veste poco conosciuta a molti, quella di Automobilista militare e, in seguito, di Ufficiale dei Mitraglieri Fiat del Regio Esercito. In entrambi i casi, sia da soldato semplice che come Comandante di una Sezione (equipollente a Plotone), si fece onore e servì con coraggio e disciplina la Patria, nonostante fosse di idee socialiste e convinto neutralista.
Alessandro Pertini nacque a Stella, in provincia di Savona, il 25 settembre 1896, da una famiglia benestante composta dal padre Alberto, proprietario terriero, dalla madre Maria Muzio e da 4 fratelli. Luigi, il primogenito, divenne pittore, Marion sposò un diplomatico italiano, Giuseppe (Pippo) divenne Ufficiale di carriera del Regio Esercito, ed infine Eugenio partì per gli Stati Uniti dopo il liceo, e quando tornò Sandro era già in carcere, condannato per la sua militanza antifascista. Legatissimo alla madre Maria Muzio, Sandro Pertini compì i suoi studi presso il Collegio dei Salesiani Don Bosco di Varazze, quindi al Liceo Chiabrera di Savona. Qui ebbe, come professore di filosofia, Adelchi Baratono, socialista riformista e collaboratore di “Critica Sociale”, rivista storica sul socialismo, fondata il 15 gennaio 1891 da Filippo Turati, che certo contribuì ad avvicinarlo al socialismo e agli ambienti del movimento operaio ligure. Terminò gli studi dopo la Grande Guerra, e si laureò il 12 luglio del 1923 presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’allora Università di Modena, discutendo una tesi su “L’industria siderurgica in Italia” . Il drammatico destino dei fratelli Giuseppe e Eugenio – il primo iscrittosi al Partito Fascista nel 1923 e consumatosi nel rimorso, il secondo deportato e fucilato a Flossenbürg in Germania il 25 aprile 1945, per la sua militanza contro il regime -, contrassegnò la vita politica e personale di Sandro Pertini e probabilmente consolidò le sue convinzioni socialiste e antifasciste…
(L’articolo continua sul prossimo numero della rivista L’AUTIERE con foto e notizie inedite o di difficile riferimento).

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