Era la mattina del 31 Gennaio 1907 quando un annuncio molto speciale compare sul quotidiano francese Le Matin: «C’è qualcuno che accetti di andare nell’estate prossima da Pechino a Parigi in automobile?»
Furono 5 le auto che si prestarono all’impresa, ma solo una divenne immortale: l’Itala 35/45 Hp che sarebbe presto divenuta famosa come l’Itala Pechino-Parigi.
I protagonisti di questa storia? Il principe Scipione Borghese, il temerario viaggiatore che diede il via all’impresa, il suo fedelissimo meccanico Ettore Guizzardi e il giornalista del Corriere della Sera Luigi Barzini, che avrebbe poi raccolto i suoi articoli nel best seller “Metà del mondo vista da un’automobile. Da Pechino a Parigi in 60 giorni”.
Non esisteva alcuna regola, e l’unico premio al vincitore sarebbe stata una magnum di champagne. E la gloria imperitura ovviamente. L’obiettivo di ciascuno dei partecipanti era provare che l’automobile non era solo un gioco, un accessorio di lusso di cui fare sfoggio, ma un fondamentale mezzo di trasporto, capace con le sue quattro ruote di evocare ovunque, anche là dove nessuno l’aveva mai vista e veniva chiamata Chi Cho, l’immagine della via di comunicazione, per il quale il sangue dei popoli circola vivificando i continenti.
Per un fugace momento l’Itala Pechino-Parigi, il principe Scipione, Ettore Guizzardi e Barzini suscitarono l’emozione e l’entusiasmo nelle grandi metropoli del mondo, come scrive lo stesso Barzini, nelle città operose, nei borghi tranquilli, lungo tutte le vie d’Europa, come in una moderna Odissea, un viaggio eroico attraverso metà del mondo. Poi, come ogni grande leggenda, venne dimenticata, abbandonata in un garage in attesa che qualcosa accadesse. Carlo Biscaretti da Ruffia la ripescò dall’oblio nel 1933 e la trasformò nella prima grande attrazione della collezione permanente del suo futuro Museo Nazionale dell’Automobile in Torino. La sua storia ricomincia così, pronta per una nuova vita che l’avrebbe portata ancora sulla strada della Pechino-Parigi nel 1989, concludendo la gara senza inconvenienti meccanici, e poi ancora nel 2007, dimostrando che dopo 100 anni, l’Itala del principe Scipione non ha ancora finito di scrivere la sua storia.
La tecnica
La 35/45 HP è un’autovettura prodotta dalla Itala dal 1907 al 1915 divenuta celebre per la vittoria al Raid Pechino-Parigi.L’autotelaio 35/45 HP, del peso di circa 12 q a vuoto, era pensato per una vettura imponente ed elegante, con un grosso motore biblocco in ghisa a quattro cilindri in linea con corsa ed alesaggio di 140 x 130 mm, per una cilindrata di 7433 cm³ e una potenza di 45 CV a un regime inferiore a 1500 giri, potenza che le consentiva di raggiungere velocità tra i 70 e i 95 km/h, in funzione del tipo di carrozzeria scelta.
Il raffreddamento era ad acqua e la lubrificazione era di tipo misto, sia a caduta sia a sbattimento. Le valvole erano laterali comandate da asse a camme nel basamento. L’alimentazione avveniva per mezzo di un carburatore verticale alquanto evoluto, tale da non richiedere soventi regolazioni manuali della miscela, al contrario del gioco valvole che invece necessitava di regolazioni relativamente frequenti. Il cambio era a quattro marce più retromarcia con frizione a dischi multipli in acciaio e la trasmissione alle ruote motrici posteriori avveniva tramite un albero cardanico, considerato all’epoca non adatto per una vettura così pesante, ma la vittoria nella Pechino-Parigi riuscì a convincere molti costruttori della superiorità di questa soluzione rispetto alla trasmissione a catena. Il robusto telaio era a longheroni stampati e traverse chiodate con sospensioni a balestre semiellittiche su entrambi gli assi. Sia il freno a pedale sia quello a mano agivano sulle ruote posteriori. Il passo era di 3290 mm e le carreggiate di 1420 mm all’anteriore e di 1415 mm al posteriore.
La vettura dal raid
Poche furono le modifiche apportate per la lunga e difficoltosa maratona, come l’adozione di due serbatoi supplementari da 150 litri, oltre a quello di serie da 83 litri, posizionati ai lati di quello che divenne l’unico sedile posteriore. Con questa dotazione di carburante, considerando il consumo di 3 km con un litro, l’autonomia venne portata a oltre 1000 km.
Vennero aggiunti anche un serbatoio per l’acqua e uno per l’olio da 50 litri ciascuno e dietro al sedile posteriore un cassone contenente gli attrezzi, le gomme di scorta, fornite dalla Pirelli, e i pezzi di ricambio. Si adottarono ruote in legno,più grandi di quelle di serie, con gomme della misura di 935×135 mm e i parafanghi furono ingegnosamente sostituiti da quattro assi in legno smontabili per essere utilizzati nel trarsi d’impaccio in passaggi difficoltosi. Con queste modifiche l’Itala raggiungeva a pieno carico un peso di quasi due tonnellate, il che limitava la velocità massima a 70 km/h.
La vettura arrivò integra al traguardo con l’unico incidente della rottura di una ruota in Russia, che fu riparata da un falegname locale.
Questa vettura, perfettamente funzionante, è conservata al Museo dell’Automobile Gianni Agnelli a Torino e ha compiuto nel 2007, insieme alla missione Overland, l’intero percorso in senso inverso, da Parigi a Pechino, esattamente 100 anni dopo la storica vittoria.